Fanelli: “Cittadini e associazioni si sarebbero attesi una diversa sensibilità dei vertici regionali”
Sulla delibera della Giunta Regionale di Basilicata numero 253 del 04 maggio scorso, con la quale viene espresso giudizio favorevole di compatibilità ambientale, e si rilasciano autorizzazione mineraria e autorizzazione alle emissioni in atmosfera per la coltivazione della cava di quarzareniti in località Monte Crugname nel comune di Melfi, non si placano le riflessioni miste anche a tante perplessità. Tra queste l’ultima è quella della Diocesi di Melfi-Rapolla- Venosa. A far sentire la voce è il vescovo Monsignor Ciro Fanelli il quale esprime un disorientamento nel considerare la portata della decisione assunta dal governo regionale: “Nell’interesse nostro e delle future generazioni, non possiamo né tacere, né girare lo sguardo dall’altra parte rispetto a questo evidente scollamento che si registra tra le decisioni assunte a livello regionale e la voce dei cittadini che abitano il territorio del Vulture, con le loro ansie e le legittime preoccupazioni rispetto alla possibilità di un futuro negato”.
Pensiero legittimo quello del vescovo Fanelli alla luce della necessità di meglio potenziare il dialogo tra cittadini e istituzioni locali e regionali. Un dialogo che si traduca in ascolto dei bisogni dei territori. Un vescovo che cerca di infondere nella mente di tutti un nuovo umanesimo che abbracci la cura della casa comune per diventare custodi della bellezza che si possiede e promotori di speranza: “Legittimamente, cittadini e associazioni si sarebbero attesi una ben diversa sensibilità, da parte dei vertici regionali, rispetto alla preoccupazione di tutti sul tema Monte Crugname anche in considerazione delle forti perplessità circa le ricadute di ordine occupazionale e di sviluppo del Vulture”. Il provvedimento della Giunta regionale contiene una decisione importante soprattutto a livello di impatto in una località a ridosso dell’ecosistema del Parco del Vulture.
Per questo il rammarico per il Vescovo Fanelli si manifesta chiaramente: “si deve ascoltare il grido di un intera comunità che vuole difendere un pezzo della propria storia , la propria terra. Una terra che ci è stata consegnata dai nostri padri e che nello stesso tempo consideriamo presa in prestito dai nostri figli. Dobbiamo dunque e vogliamo riconsegnarla in tutta la sua bellezza, quella bellezza con cui ha parlato a ciascuno di NOI, quella bellezza che appartiene a NOI tutti e che non possiamo certo tradire per il beneficio di pochi”. Parole nette e chiare da parte del presule che indica la strada precisa, quella di valutare meglio il provvedimento alla luce sia di indagini in corso da parte della Soprintendenza, sugli aspetti di carattere archeologico e paesaggistico, sia un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, promosso da un gruppo di cittadini. Seguiremo la vicenda.