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Nicola Sole

 

L’11 dicembre 1859 moriva il maggior poeta dell’800 lucano. Così si spense l’Arpa Lucana

È da sempre un rapporto complicato quello tra Nicola Sole e Senise. Il maggior poeta lucano dell’800, che ebbe tra i suoi amici intellettuali come il raffinato poeta francese Alphonse de Lamartine, considerato il primo poeta romantico francese, lo scrittore Marc Monnier con il quale viaggiò per i paesi della Campania e al quale dedicò una poesia nel periodo più struggente della sua vita, Giuseppe Verdi, che musicò la famosissima Preghiera del poeta, e Domenico Morelli, considerato tra i principali pittori napoletani dell’800, non trova ancora oggi la giusta misura di valorizzazione umana e culturale nella sua terra d’origine.
Il suo paese natale non è riuscito a conservare del suo illustre concittadino neanche le spoglie. Non si sa infatti dove il poeta abbia trovato sepoltura, anche se una targa ne testimonierebbe la presenza nella chiesa di San Francesco. Si sa che Nicola Sole prima di morire, a soli 38 anni l’11 dicembre del 1859, manifestò il desiderio di essere sepolto sotto il salice che si trovava davanti all’ex convento dei Cappuccini, che fu proprietà della famiglia Sole, e al quale dedicò appunto la bellissima e struggente “Al mio salice”.


Per il resto, come ci ricorda Francesco D’Episcopo che è uno dei suoi maggiori studiosi, Senise fu il suo ombelico del mondo. Nel paese in cui nacque egli tornò nei momenti più difficili, come nel 1849 quando i suoi canti patriottici e la sua iscrizione alla mazziniana Giovine Italia lo esposero alla persecuzione della monarchia borbonica e fu costretto a darsi alla macchia, o dopo il processo, che rappresentò per lui uno dei momenti più drammatici, dopo la prigionia e la liberazione dal carcere, quando proprio fra le mura domestiche ebbe a vivere la sua fase più intimistica ed esistenziale.
Della sua gente si sentiva poeta-vate, interprete non solo delle sofferenze ma anche e soprattutto del riscatto, tema che trova nell’Inno al Mare Jonio la sua più alta interpretazione tanto che lo Zaniboni lo definì “il più bel lavoro poetico del Sole, il suo capolavoro”. E di un capolavoro realmente si tratta, che ripercorre la grandezza del cammino storico del Mezzogiorno e indica il riscatto delle genti lucane nel risorgere della grande civiltà fiorita in età classica e nella Magna Grecia. In questo viaggio poetico il Sole celebra la terra e il mare della Lucania, l’agricoltore e il guerriero, con una partecipazione emotiva e una vivacità letteraria che non sarebbero possibili senza il suo intimo legame con la sua Senise.
Per lui Senise resta la “piccola patria” non addomesticabile dalla retorica patriottica che permea molti suoi canti, resta il luogo dell’anima che offre ispirazione agli spunti più veri e sinceri della sua poesia, come in “Rivederla”, “Romanza”, “Al Rosignuolo” e nella bellissima “Ad una stella”. Per lui Senise è la Lucania!
Ma per Senise lui rimane un’icona che, seppur illustre e importante, è lontana dalla propria storia e, soprattutto, dal proprio presente. Per dirla con Foscolo, non c’è tra Sole e Senise la corrispondenza di amorosi sensi che permetterebbe di onorare la sua memoria poetica come “l’urna dei forti” del carme foscoliano.

Da anni non c’è il coraggio di fare di Senise la “Città di Nicola Sole” come Tursi, ad esempio, è la “Città di Albino Pierro”.


Dopo un lungo silenzio Senise ha tributato al Sole gli onori degli studi nel 1984 quando fu organizzato il Convegno Nazionale sulla sua opera sulla sua figura, che vide il contributo critico di molte personalità della cultura e del mondo accademico nazionale. Gli atti di quel convegno sono una pietra miliare nell’approfondimento della sua figura di poeta, di politico e di uomo. Da allora, però, fu inghiottito di nuovo, e per molti anni, dall’oblio, fino al 2003 quando il compianto poeta Pasquale Totaro-Ziella fece partire le Giornate Soliane. La prima, e unica, si tenne nel 2003 e vide la partecipazione di personalità di spicco della cultura storico-letteraria meridionale, e fu accompagnato dai migliori auspici tanto che l’amministrazione comunale di allora, guidata da Nicola Petruccelli, fece partire il progetto di “Parco Culturale Nicola Sole”, con tanto di delibera di giunta.

casa nicola sole


Le attività di approfondimento culturale ripresero vigore in occasione dei 150 anni della sua morte, che avvenne l’11 dicembre 1859, nel 2009. Nei giorni della celebrazione dell’evento si tenne un nuovo convegno di approfondimento della sua opera. Nel frattempo l’amministrazione guidata da Giuseppe Castronuovo, istituì il “Premio Nicola Sole”, consistente in un medaglione di bronzo, realizzato dallo scultore Fernando Paonessa, che venne assegnato a personalità senisesi di rilievo. Se ne fecero 4 edizioni, e da allora più nulla di rilevante. È vero che ogni anno, soprattutto d’estate, le poesie del Sole sono protagoniste di serate a sfondo culturale, come è accaduto anche nei decenni scorsi, ma il tutto rimane ancora occasionale e sporadico.
Sarebbe opportuno approfittare del bicentenario della nascita, che cadrà il 30 marzo 2021, per riallacciare quel nobile filo poetico e umano che unisce Nicola Sole a Senise, superando la ruggine del livore desanctisiano che lo ha condannato impropriamente, e per motivi ormai chiari, al rango di verseggiatore stroncando la sua poesia, e approfondire le ragioni politiche di un liberale sincero ed entusiasta, la cui vita è stata schiacciata da una triste malattia che lo ha portato via troppo giovane, e la cui poesia è stata schiacciata dal conservatorismo reazionario borbonico, che ne mortificato la personalità e l’opera.
È il momento, dunque, che Senise riconosca in Nicola Sole uno dei suoi padri più illustri e degni di memoria, è il momento che la sua arpa riscenda dall’esilio, per usare la sua più celebre metafora, e riprenda il suo posto nella sua terra.

 

Francesco Addolorato