42 anni dopo un terremoto da ricordare con l’idea di un romanzo sociale
Alla fine delle cose restano tre certezze: la prima è che non possiamo dimenticare; la seconda che bisogna continua a riflettere; la terza la consapevolezza che potremo trovarci nuovamente in una condizione identica pensando che non possa accadere più. Il terribile terremoto di domenica 23 novembre 1980, con epicentro in Irpinia, che colpì la Basilicata e una limitata area della Puglia, di magnitudo 6.9, pari al decimo grado della scala Mercalli, che causò, secondo le stime più accreditate, circa 2.570 morti, 8.848 feriti e circa 300mila sfollati, non possiamo non farlo diventare una testimonianza vivente custodendola saggiamente nel cassetto dei nostri ricordi. Probabilmente, trasformare il ricordo in un romanzo sociale scritto per donarlo alle giovani generazioni può essere una idea diversa dal solito, valida e giusta. Il libro dello scrittore napoletano Giuseppe Petrarca , edito da Cento Autori, “La Città Puntellata” pare andare in questa direzione con un obiettivo preciso: rendere semplice la visione di un momento storico quale quello del più forte evento sismico che ha colpito l’Italia negli ultimi 100 anni.
Una Napoli lacerata nel corpo e nella mente, in cui le macerie reali rappresentano la metafora di quelle che cadranno sulla coscienza civile della città negli anni a venire, gli anni della deregulation, delle speculazioni, del dilagante fenomeno eversivo, delle connivenze tra politica e camorra. Sulla linea della disperazione per il tragico evento vengono annotate le drammatiche notizie che arrivavano dalla Lucania, da Balvano in provincia di Potenza. In mezzo al racconto un giornalista, lucano di Balvano Antonio di Carlo che vuole capire, vedere e raccontare la verità dei fatti dando un quadro nitido di quello che è accaduto e accadrà nei giorni a seguire.
La paura, la solidarietà l’impegno per la ricostruzione sono i punti fermi che il giornalista lucano, di un importante quotidiano del Mezzogiorno, vuole descrivere diventandone testimone di verità. Un romanzo corale, che rappresenta la tragedia, in particolare di Napoli ma anche di Balvano che insieme vivono momenti di grande disperazione. Un giornalista lucano incaricato dal suo giornale di recarsi nella terra natia per documentare il terremoto. E dove nel suo doloroso reportage nelle terre martoriate dal sisma ritrova i suoi familiari. Condivide con la sorella le angosce e la esorta a non abbandonare il paese. Antonio, proprio in Lucania, sventa il rapimento di una bambina, portando alla luce un traffico che coinvolge molti minori rimasti senza tutela. Un romanzo ben fatto che si può leggere senza nebbie o appannature politico ideologiche ma guardando ad occhi nudi così com’è stato e come è avvenuto l’evento naturale. Sono pagine semplici, fluide nella lettura senza metafore con limpidezza e senza la solita aura di circostanza, che possiede soltanto ingredienti di immediatezza e aderenza realistica.