Un racconto che si svolge nell’area del monte Vulture luogo dove si trova l’Abbazia di San Michele Arcangelo
La scrittrice lucana Patrizia Bianco ripropone ai lettori e all’intero panorama letterario lucano il suo primo impegno “Controcanto, verso il vento” a cui poi ha fatto seguito “Radici Lucane”. Un pamphlet ripubblicato a novembre scorso dall’editore Kimerik dove la potentina Bianco ritorna ai temi lucani in contiguità temporale e spaziale e, per molti aspetti, in continuità tematica con Radici , quasi a voler suggerire una programmata serie di un “ciclo”. Pagine con il netto sapore autobiografico la cui vicenda è scandita nello spazio e nel tempo di un viaggio di ritorno alle origini, tema a lei congeniale. La narrazione del viaggio si svolge su due piani, quello di spostamento reale e l’altro materiato di memoria di luoghi e di vicende, di sollecitazioni emotive, di riflessioni sulle proprie ragioni interiori e di risposta ad esigenze di conferme. Un racconto semplice che si svolge nell’area del monte Vulture, un territorio non molto ampio, che gode di uno splendido paesaggio, che l’autrice descrive come se avesse fra le mani una macchina da presa: in ogni “inquadratura” coglie l’armonia della composizione paesaggistica nell’alternarsi di montagne e colline, laghi e boschi in cui è incastonata l’antica bianca abbazia benedettina di San Michele Arcangelo. Uno scritto coinvolgente in cui l’autrice lucana riesce a trasportare il lettore tra le distese dei vigneti da cui si produce il ben noto vino Aglianico, che negli ultimi decenni, sottratto alla commercializzazione di vino da taglio, ha acquisito una propria individualità e il riconoscimento tra i più pregiati vini nazionali.
Protagonista con una fine morale è Saverio Sonnessa, un giovane con problemi di adattamento alla vita di relazione che gli impediscono di seguire le normali tappe evolutive dalla preadolescente sino all’età adulta. Emarginato nelle relazioni umane, esposto al ridicolo perché balbuziente, respinto dalla scuola a causa della dislalia, Saverio non si ribella alle umiliazioni, alle ingiustizie, ma reagisce autoescludendosi dalla partecipazione alla vita di gruppo e sceglie come difesa dalle battiture della vita e degli uomini di estraniarsi, rifugiandosi in un suo mondo fantastico e svagato, di qui il suo modo trasognato di guardare la realtà che lo circonda. C’è una attenzione empatica ai soggetti posti ai margini della vita sociale frutto di una propria e radicata concezione morale cristiana che sostiene da sempre il suo impegno intellettuale di scrittrice. Potremo definirla una lucana che scrive con il cuore rivolta gli umili, coloro che hanno diritto di stare nel mondo e a portare il proprio mattone alla costruzione di una società giusta e inclusiva. C’è uno sguardo rivolto agli oppressi che nella nostra contemporaneità hanno il diritto di esprimere le proprie passioni e aspirano a realizzarle. Da leggerlo dalla prima a l’ultima pagina, perché semplice, ricco di passione, di morale alta con una visuale a temi storici e culturali del periodo in cui è ambientato. È un libro dove il vero Incanto e ritrovare il filo rosso dell’amore, lo spirito di solidarietà per i più deboli dove si capisce il valore vero dell’etica del sacrifico finalizzato alla propria realizzazione personale quando ci si mette al servizio della propria comunità. Dopo aver letto l’ultima pagina del libro di Patrizia Bianco ti accorgi che c’è una pagina in più una: porta che si apre per lasciare entrare più luce nei nostri pensieri.